Si fa in fretta a dire “bio”, che sia biologico o biodinamico, e nell’immaginario del consumatore passa un film di vini prodotti come una volta, senza brutte e pericolose sostanze chimiche, tanto che ne puoi bere a volontà senza effetti collaterali. Il pensiero viene poi sostenuto dalle innumerevoli fiere dedicate ai vini naturali, dove si incontrano produttori con il dente avvelenato verso le multinazionali dell’omologazione e appassionati egualmente livorosi verso i grandi marchi e i vini famosi, fieri di scoprire il piccolo vignaiolo che produce nettari esclusivi, magari con qualche puzzetta, ma che si abbinano perfettamente allo stile di vita naturale e un filino hipster che va per la maggiore.
Chiariamo un punto fondamentale, quando parliamo di vino la sostanza nociva fondamentale è l’alcol, la cui tossicità, praticamente ininfluente per consumi moderati, può divenire altissima in caso di consumo elevato e costante, al punto che solfiti, metalli pesanti e tutte le altre sostanze che spaventano i bio-lovers diventano insignificanti in tale contesto. Quindi, sulla base di un consumo di due/tre bicchieri al giorno di vino, che diamo per scontato sia di buona, se non ottima qualità, la quantità di sostanze nocive che possiamo ingerire è trascurabile e potrebbe avere un peso solo in caso di allergie specifiche, sottolineiamo allergie e non intolleranze. Ne deriva che, sempre parlando di vini di qualità, un vino biologico non è più sano, in modo misurabile, di un vino tradizionale. Ma allora perché il biologico? Il motivo è semplice, se posso ottenere il medesimo livello usando meno chimica, il tutto ad un costo accettabile, è giusto e doveroso impegnarsi in un’agricoltura sostenibile, ma se il bio, come in molti casi accade, è una mossa di marketing per vendere vini anonimi, se non anche difettati, a prezzi molto remunerativi, è giusto e doveroso stroncare questo atteggiamento. Il bio deve essere un mezzo per ottenere un vino eccellente, rappresentativo di un territorio o di una filosofia produttiva al minor costo ambientale possibile, ma, ripeto, non trovo accettabile che l’anonimato o i difetti vengano giustificati con la patacca della certificazione bio. Ovviamente nulla da dire sulle ideologie personali, c’è chi sceglie di bere biologico, biodinamico oppure vegano per proprie convinzioni e indipendentemente dalle caratteristiche del vino, ma questo è proprio un altro discorso. Noi personalmente plaudiamo ai produttori bio che mettono in primo piano la qualità, ne abbiamo visti troppi, in passato, di convertiti al bio che hanno avuto un tracollo qualitativo imbarazzante. Due parole sul biodinamico, metodo affascinante, con i quale si producono anche vini straordinari, basato sulle intuizioni di Rudolf Steiner, uno studioso di occultismo e teosofia, che reputava, tra l’altro, la scienza troppo materialista e la razza ariana di gran lunga superiore a tutte le altre, il quale, un bel giorno, pur senza alcuna competenza della materia, decise di tenere otto lezioni sull’agricoltura, durante le quali applicò l’omeopatia e le discipline olistiche alla coltivazione così che tra dinamizzazioni di letame, spruzzate di quarzo e altre interessanti attività, palesemente prive di una minima base scientifica, diede origine alla biodinamica. Questo che fa pensare che gli stessi vini sarebbero eccellenti anche prodotti con metodi tradizionali, rimanendo privi, purtroppo, della magica e mistica aura del cornoletame. Qui un interessante link, per chi volesse approfondire. Per onestà devo dire che mi piace del biologico e ancor più del biodinamico, il legame che ha il vignaiolo con la terra, molto intimo rispetto alla viticoltura tradizionale, e questo, ne sono certo, si ripercuote sulla qualità. Chiudiamo questa carrellata con i celeberrimi solfiti, spauracchio una moderna generazione di bevitori. L’anidride solforosa è un conservante, che evita contaminazioni, alterazioni e fermentazioni secondarie, così inevitabile che il vino ne contiene già di suo. Alcuni vini possono essere prodotti senza aggiunte secondarie della medesima, ma si tratta di casi particolari. Le dosi massime consentite per legge, eccettuati i soggetti allergici (per i quali anche poche molecole sono un pericolo reale) possono creare danno dopo il quinto litro di vino, ma, a quel punto, l’alcol avrà già ampiamente fatto il suo lavoro demolitore. Per intenderci la quantità di SO2 presente in un bicchiere di vino è inferiore a quella che ingeriamo mangiando un fico o un albicocca disidratata. A me, però, i vini senza solfiti piacciono, perché, quando fatti bene, hanno una trasparenza di aromi affascinante, come se cadesse un velo, ma van bevuti subito, farli invecchiare quasi sempre non gli giova. Concludendo, il biologico è buona cosa se dona qualità al vino, è una mossa di marketing se serve a vendere vini anonimi, è una mezza fregatura se serve a sdoganare puzze e alterazioni. Allo stesso tempo il vino tradizionale non è velenoso e nemmeno “meno sano” del biologico, la scelta rimane sempre una questione legata al nostro gusto e alla competenza di chi il vino ce lo propone. Nel nostro assortimento ci sono molti vini biologici e qualche biodinamico, ma non li abbiamo scelti perché sono bio, li abbiamo scelti perché hanno qualcosa da raccontare, per questo sul catalogo non troverete specificato se un vino è biologico o tradizionale. Ovviamente se ci sono esigenze particolari siamo pronti a darvi tutte le informazioni necessarie. Comments are closed.
|
ArchiviCategorie |